INCIPIT RUBRICA DI CONSIGLI DI LETTURA DEL LUNEDI’ 13 luglio
, nella collana “Max Storie selvagge”.
, nella collana “Max Storie selvagge”.
QUESTO È IL MIO ALBERO di Olivier Tallec, Edizioni Clichy, 2020, pp. 32.
Età di lettura: dai 3 anni in su.
(Maria)
Incipit , chi ben comincia è a metà del libro!
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
29 giugno
<Sono Nate, il grande Nate. Faccio il detective. Lavoro per conto mio.
Vi voglio parlare del mio ultimo caso. Avevo appena fatto colazione, un’ottima colazione. Pancake, succo, pancake, latte e ancora pancake. All’improvviso ha squillato il telefono>.
Finalmente è arrivato il grande Nate, una serie nata nel 1972 dalla penna della scrittrice Marjorie Weinman Sharmat, una delle autrici statunitensi più prolifiche di libri per bambini.
Marjorie Weinman Sharmat aveva due sogni da bambina: diventare detective e diventare scrittrice. All’età di 8 anni aveva realizzato entrambi, dopo che lei e un’amica avevano pubblicato il loro giornale di spionaggio, The Snooper’s Gazette.*
Con la popolare serie “Nate the Great”, intere generazioni di bambini hanno imparato a leggere e a investigare.
Il 26 giugno sono usciti i primi due volumi pubblicati dalla casa editrice romana Il Barbagianni Editore, che sceglie di usare l’ EasyReading font, il carattere ad alta leggibilità e tutti i criteri associati, come l’ampia spaziatura tra i periodi, il colore bianco opaco delle pagine e il testo non giustificato, per facilitare la lettura.
Nate è un bambino detective che indossa un cappello e un impermeabile in stile Sherlock Holmes, è goloso di pancakes, risolve sempre il caso e cattura il colpevole, di solito con l’aiuto del suo fidato amico cane Fango.
Da vero professionista, Nate resta concentrato sul caso, e’ risoluto e intuitivo, “collega e scollega i pensieri” ed è ironico e divertente.
Lavora da solo alle indagini, ma è sempre contornato dai suoi amici. Nel primo episodio Nate aiuta Annie, la sua vicina di casa, a ritrovare un disegno scomparso, mentre nel secondo episodio è l’amico Claude a chiedere il suo aiuto nella ricerca di una lista smarrita.
Impreziosiscono il testo le illustrazioni di Marc Simont, che della serie illustrò i primi venti episodi. Dal tratto nero netto e preciso, le illustrazioni ben descrivono gesti ed espressioni dei bambini e l’uso bicromo del colore (giallo/rosso, azzurro/giallo) dona alle pagine un gioioso movimento.
Siamo certe che la serie continuerà a far appassionare ancora tanti giovani lettori!
(Mariella)
Età consigliata a partire dai 5 anni.
IL GRANDE NATE – IL GRANDE NATE E LA LISTA SMARRITA, di Marjorie Weinman Sharmat, illustrazioni di Marc Simont, Il Barbagianni Editore 2020.
INCIPIT, chi ben comincia è alla metà del libro
RUBRICA DI CONSIGLI DI LETTURA DEL LUNEDI’
22 giugno
“… sì, sto portando fuori il piccolo e mi prendo un po’ di tempo per me”
Il tempo delle mamme. E il tempo dei bambini. Interconnessi, simbiotici, così difficili a volte da organizzare, sincronizzare, gestire. In una colorata giornata di primavera una mamma ed il suo bambino vanno insieme al parco. Non appena arrivati la mamma inizia una lunga telefonata con un’amica. Nel frattempo il bimbo, eludendo la sua sorveglianza (abbastanza facilmente in verità) inizia una serie di spericolate avventure, che ricalcano in maniera fantastica (ma insieme molto reale) quello che la mamma sta dicendo al telefono. “Hanno passato un tempo difficile e per loro è stata dura restare a galla. Poi si è presentata l’occasione e l’hanno presa a due mani …”: il bambino cade nell’acqua del laghetto e riesce poi ad aggrapparsi al dorso di un cigno; “Io mi sento … come dire? Sempre un po’ sospesa, ecco. E mi ci sto abituando”: il bambino si dondola sospeso ad un ramo … “Alla fine devo tornare sempre con i piedi per terra”: il bambino cade seduto sul prato. E così via. Deliziosa la presenza di un grosso cane premuroso che accompagna il bambino, che viene poi alla fine recuperato tutto intero dalla mamma e portato a fare merenda. Questa la trama di “Al parco con mamma” l’ultimo lavoro dell’amata Judith Kerr, scomparsa nel 2019 a 96 anni, autrice di grandi albi classici “Una tigre all’ora del tè” e “Mog, la gatta distratta” e di “Quando Hitler rubò il coniglio rosa”. Uscito in Inghilterra nel 2018 è stato pubblicato in italiano a maggio dalla casa editrice HarperCollins. Un ultimo lavoro “pungente” e forse anche un po’ amaro, in cui la Kerr sembra quasi voler richiamare le mamme di oggi ad una maggiore attenzione, alla necessità di condividere un tempo di qualità con i bambini, breve forse, ma inteso e tutto per loro. Malgrado questo intento, la sintonia della coppia mamma-bimbo è però evidente. Riporto qui le parole con cui viene descritta nella recensione pubblicata nel blog Milkbook, perché credo rendano molto bene il concetto: “Il tempo di mamma è anche il tempo del bimbo, durante il quale si sente al sicuro al punto di essere libero di esplorare il mondo e di librarsi in alto sulle ali della fantasia. Il dialogo che tiene la mamma al telefono, del resto, descrive ciò che sta per vivere il bambino nei singoli episodi, ma anche i sentimenti della mamma, di fronte ai mille accadimenti della vita, e che corrispondono esattamente a quelli provati dal bimbo, segnando, così un rapporto di continuità tra i due sentire”. Le illustrazioni sottolineano e rimarcano un senso di serenità, anche quando la piega della storia richiederebbe forse altro: dominano i toni pastello e chiari, molto luminosi, ben diversi dai viola e dagli arancioni di “Una tigre all’ora del tè”; sono pochi ed essenziali i tratti delle figure, ma molto ben curati.
Il tempo di mamma, alla fine, è sempre occasione particolare e speciale per il bambino di esplorare il mondo. E per la mamma è sempre una fortuna poter avere con sé il suo bimbo, soprattutto nei momenti di difficoltà.
AL PARCO CON MAMMA di Judith Kerr, HarperCollins, 2020
Dai 3 anni
(Francesca)
Incipit, chi ben comincia è a metà del libro!
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
15 GIUGNO
“È DA UNA VITA CHE OLGA LA NEGOZIANTE LAVORA AL CHIOSCO.
FORSE STA UN PO’ STRETTA LÌ DENTRO.”
A volte un albo illustrato è come una cipolla. E “Il Chiosco” di Anete Melece è proprio una bella cipolla di Tropea, i cui colori si possono rintracciare anche nella roboante illustrazione di copertina. È una cipolla non perché faccia piangere lacrime di coccodrillo, ma perché fatto a strati: si sfoglia e rivela piano piano, uno dopo l’altro, i suoi dolci cuori.
Olga lavora in un minuscolo chiosco che vende di tutto. Il problema, però, è che negli anni Olga si è allargata un po’ troppo, tanto da non riuscire più ad uscire dall’edicola. Vive, così, incastrata lì, al centro di una piazza, svolgendo il suo piccolo, quanto prezioso, servizio per la comunità. Lì osserva i passanti, chiacchiera con i clienti ed offre consigli. E lì mangia, dorme, sogna. Sogna di poter uscire, viaggiare, ammirare tramonti esotici su oceani lontani. Ma un giorno questa routine così succinta si spezza, e Olga si lascia, inaspettatamente, travolgere dagli eventi, per poi domarli felicemente a suo modo. Una piccola storia, estremamente brillante, gustosa come una scatola di caramelle tutti gusti: comunità, malinconia, desiderio, corpo, viaggi, tramonti, orizzonti, piccole cose, solitudine, inedia, resilienza, fortuna, disequilibri, cani e guinzagli lunghissimi, felicità, incidenti, sorprese, scoperte, rivoluzioni, tuffi, acqua e gelati.
Gusti e colori sostenuti da illustrazioni buffe e curiose, chiassose e piene di dettagli al contempo realistici e magici.
Anete Melece, classe 1983, è una illustratrice filmaker di animazione lettone, che attualmente vive e lavora il Svizzera. Il suo libro, pubblicato nel 2019, e che in Italia ha vinto il premio Orbil come migliore albo illustrato, è tratto da un suo cortometraggio animato del 2013, che vale la pena guardare, poiché regala camei di personaggi esilaranti, poi esclusi dal libro (qui i link del cartone e del suo sito: https://www.youtube.com/
Vi invito, dunque, a sfogliare questo odoroso e rumoroso arcobaleno di emozioni che, pur essendo solo suggerite, muovono ed illuminano potentemente il percorso del lettore.
di Anete Melece, Jaca Book, 2019, pp. 40.
Età di lettura: dai 4 anni in su.
(Maria)
Félicette
“Come nelle storie più belle, Félicette era una gatta: una gatta di strada, per di più, e di strada parigina. Nella sua storia, che è una storia vera, ci sono parti certe, altre che immaginiamo; ma quel che è sicuro è che questa è la storia del primo gatto nello spazio.”
Molti di noi ricordano Laika, la cagnetta inviata in orbita a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2 nel 1957, ma pochi sanno che in realtà gli animali mandati dall’uomo nello spazio negli anni ‘50 e ’60, per scopi sperimentali, furono davvero tanti: conigli, ratti, scimmie, topi, cani e, appunto, gatti.
Un albo uscito a fine maggio per Topipittori, una vera “chicca” per gli amanti dei gatti e dei cieli stellati (ma non solo), autrice la giornalista trentina Elisabetta Curzel ed illustratrice Anna Resmini, ci racconta la storia di Félicette: una gatta randagia che nel 1963 venne fatta salire su un razzo (chiamato Véronique, francese come lei quindi) e catapultata tra le stelle. Dopo aver sperimentato per qualche minuto l’assenza di gravità la gatta tornò poi viva a Terra, lanciata a bordo di un paracadute.
L’avventura di Félicette, come ci racconta l’autrice stessa nell’articolo dedicato al libro sul blog della casa editrice, è rimasta pressoché sconosciuta per molti anni. A gennaio di quest’anno lo Smithsonian Institute di Washington le ha dedicato un lungo articolo in occasione della realizzazione di una statua in bronzo (custodita presso l’International Space University di Strasburgo), che raffigura appunto la gatta cosmonauta, appollaiata sul pianeta Terra e con lo sguardo rivolto verso il cielo.
Elisabetta Curzel riesce a rendere accattivante la storia di Félicette, utilizzando un linguaggio piano e pacato, non senza una punta d’ironia negli interventi “gatteschi”. Il punto di vista dal quale è narrata la storia è infatti quello della felina astronauta: “Gli scienziati erano molto felici di rivederla viva (e chi mancherebbe pure, pensò Félicette); “C’è chi dice, però, che nonostante (…) l’idea di essere il primo gatto del mondo a guardare la terra dall’alto, e ad accorgersi che era molto più grande di quanto qualsiasi pennuto avrebbe mai visto in vita sua, le provocò un mezzo sorriso”.
Alla fine, pochi anni dopo il “lancio” di Félicette, l’uomo arrivò davvero sulla luna, grazie anche alle sperimentazioni sugli animali che permisero di “testare” la resistenza del corpo alle condizioni fisiche estreme dei viaggi spaziali. Un utilizzo strumentale degli animali dunque, in questo caso come in tanti altri, assai diffuso all’epoca e che oggi, forse, dopo tanti anni di lotte per la tutela dei diritti dei nostri amici (anche se purtroppo assistiamo spesso ad episodi di crudeltà e violenza, come quello recentissimo dell’elefantessa barbaramente uccisa in India) non sarebbe così scontato.
Una menzione particolare meritano le splendide illustrazioni di Anna Resmini, realizzate con tecniche di stampa d’arte, tutte giocate su colori “notturni” dal nero al blu, ai vari toni d’azzurro, dove si stagliano gialle, rosse e arancioni le sagome dei razzi e dei pianeti.
Particolare anche la raffigurazione di Félicette, un’elegante silouhette tutta in nero, con sottili baffi bianchi ed un piccolo naso pure bianco, che poi “esplode” nelle ultime due pagine, in cui finalmente possiamo vedere il muso della gatta a tutto tondo e i suoi due grandi occhi, in cui si riflette il cielo scuro puntinato di bianco.
Il testo in stampato maiuscolo rende l’albo adatto anche per le prime letture autonome nella scuola primaria.
FÉLICETTE di Elisabetta Curzel, illustrazioni di Anna Resmini, Topipittori, 2020
Dai 7 anni
(Francesca)