INCIPIT RUBRICA DI CONSIGLI DI LETTURA DEL LUNEDI’ 13 luglio

INCIPIT RUBRICA DI CONSIGLI DI LETTURA DEL LUNEDI’ 13 luglio

INCIPIT, chi ben comincia è alla metà del libro
RUBRICA DI CONSIGLI DI LETTURA DEL LUNEDI’
13 luglio
“Questa è una storia su John della notte. In un certo senso è anche una storia su di me, perché c’ero anch’io e so cos’è successo e alcune cose le ho vissute direttamente. Anche se mi sembra soprattutto una storia su di lui. John della notte.”
Un libro bello e necessario. A tratti crudo forse, ma che si legge in un fiato. Potente nella sua semplicità di scrittura, con periodi brevi e quasi ritmati, capace di descrivere in pochi tratti figure che rimangono scolpite nella mente.
Così definirei “John della notte” di Gary Paulsen (uno dei più famosi e prolifici scrittori statunitensi di narrativa per ragazzi e giovani adulti), pubblicato nel 1993 e riproposto nel 2019 all’attenzione dei lettori italiani dalla casa editrice

Equilibri – per leggere

, nella collana “Max Storie selvagge”.

Romanzo breve, quasi un racconto, vincitore del premio Andersen 2020, nella categoria “Miglior libro mai premiato” e primo classificato, secondo le preferenze espresse dai giovani lettori, nella categoria Scuole medie del progetto Xanadu 2019/20: un palmares di tutto rispetto, più che meritato secondo me.
Sarny, voce narrante della storia, è una dodicenne nera, schiava in una piantagione negli stati americani del Sud, vittima come i suoi compagni delle violenze e dei crudeli soprusi di Clel Waller, il proprietario. Un giorno, quasi trascinato dopo aver corso per 15 chilometri nudo sotto il sole cocente, arriva un nuovo schiavo, John. John della Notte. La sua pelle è nerissima, la schiena piena di cicatrici, lo sguardo fiero e indomabile. John è un “alfabetizzatore”. E’ riuscito a fuggire ed è vissuto al Nord per un po’, imparando a leggere e scrivere, attività vietatissima agli schiavi. E’ tornato e gira le piantagioni con una missione: insegnare a leggere e scrivere a quante più persone possibile. La sera del suo arrivo, quasi tramortito dalla dura giornata di lavoro nei campi di cotone, propone a Sarny uno scambio: tre lettere per un po’ di tabacco. Da quel momento per lei inizia l’avventura dell’imparare l’alfabeto.
“Devono saper leggere e scrivere. Tutti dobbiamo imparare a leggere e scrivere, in modo che possiamo scrivere di questo … di tutto quello che ci stanno facendo. Tutto deve essere scritto”. Questo dice John alla Mammy, che accudisce i bambini della piantagione, quando lei, avendo scoperto Sarny intenta a tracciare lettere nella polvere, gli chiede spiegazioni. Scritto, per non essere dimenticato e per essere tramandato. Perché la testimonianza apra la porta ai diritti.
Waller si accorge di quanto sta accadendo. Ci saranno conseguenze pesanti per John. Ma la fine della storia ce lo mostrerà di nuovo insieme a Sarny, mentre a notte fonda esplorano con tanti altri fratelli e sorelle le strade del sapere.
Questo libro è innanzitutto un manifesto sul potere della scrittura, della lettura e della parola. “La parola ci fa uguali” diceva Don Lorenzo Milani, perché senza parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia. La conoscenza della scrittura e della lettura sono tappe fondamentali nel processo di acquisizione delle libertà personali e sociali. Come dice lo stesso John in un passo del romanzo: “Se conosciamo le cose iniziamo a volerle, e se iniziamo a volerle per loro non è bene. Temono che poi vogliamo quello che hanno loro. (…) Ecco perché non vogliono che noi impariamo a leggere”. E proprio per questo, da sempre, le gerarchie non democratiche al potere hanno cercato di possedere in modo esclusivo e di dominare di fatto due “beni” fondamentali per la vita degli uomini: la parola, appunto, ed il tempo (sul calendario come strumento di potere rimane per me fondante il capitolo sul tema contenuto in “Storia e memoria” del grande medievista Jacques Le Goff).
E’ poi appena il caso di sottolineare la grande attualità del testo in questo momento storico, che vede purtroppo l’acuirsi e la recrudescenza degli episodi di violenza e razzismo nei confronti dei neri americani. Apprezzabile ed utile anche l’appendice finale con tante notizie sulla genesi del libro ed indicazioni per continuare a leggere altre opere di Gary Paulsen o libri sull’argomento.
Da non perdere.
JOHN DELLA NOTTE di Gary Paulsen (traduzione di Manuela Salvi), Equilibri, 2019
per lettori e lettrici audaci dai 12 anni in su
(Francesca)
INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 6 luglio

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 6 luglio

Incipit, chi ben comincia è a metà del libro!
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
6 LUGLIO
“Amo gli alberi. Amo quest’albero, è il mio albero.”

Un simpatico scoiattolino, dallo sguardo vagamente allucinato, abbraccia un albero, beandosi alla sua ombra ne rosicchia le pigne, lo scala, finché il pensiero che il suo albero possa essere reclamato da qualcun altro, le sue pigne, la sua ombra godute da altri, lo turba irrimediabilmente. Il pensiero di quella tranquillità spezzata lo angoscia e lo tormenta, spingendolo ad escogitare possibili soluzioni per evitare la tragedia, l’invasione, l’altro, la condivisione. Così il pacifico scoiattolo si trasforma in una sorta di Willy il coyote, che inventaria soluzioni sempre più drastiche per proteggere la sua libertà, la sua proprietà: palizzate, cancelli nel nulla o, ancor meglio, un muro. Un muro lunghissimo, altissimo, invalicabile, che finisca solo quando incontra un altro muro. Un muro per proteggere il suo albero e le sue pigne. Ma dopo aver eretto l’immane opera? Lo scoiattolo si rallegrerà, infine, della sua ombra? O sarà naturalmente spinto a chiedersi cosa si trova al di là del muro?
Olivier Tallec, illustratore ed autore bretone prolifico e di talento, ci consegna un albo davvero prezioso. Ci aveva già condotti con i suoi libri precedenti – grazie al suo segno onirico, aguzzo e materico assieme, grazie alla sua scrittura asciutta ed ironica – nel mondo dei bambini, nelle loro dinamiche buffe, soluzioni improbabili e sogni supremi, ma qui l’operazione cambia passo. Tallec parte dall’egoismo infantile come base per la sua riflessione, riuscendo ad allargarsi a macchia d’olio e divenendo politico e filosofico assieme, parlando di muri, libertà e desiderio pur senza mai smettere di scrivere per i bambini. Non è un caso che l’elemento da cui tutto parte sia un albero. Simbolo di vita. Come difendiamo la vita, sembra chiedersi e chiederci Tallec? Poche pagine, ficcanti ed acide, fatte di asserzioni, domande, dubbi, sospetti. Tavole dominate dai toni autunnali del giallo e del marrone, con qualche incursione di sfumature, bianchi e blu.
Come ogni volta che mi appresto a scrivere il consiglio di lettura del lunedì, ho letto con attenzione ed ho cercato, poi, un punto di partenza per parlare del libro, e dunque una chiave per smontarlo e rimontarlo, una luce per osservarlo. Ho trascorso tutta la giornata persa e desolata fra tutti i muri del mondo, quelli caduti e quelli che sono ancora in piedi, e la cui costruzione non si arrende. Muri che fanno ombre terribili ed inutili in mezzo ai deserti, che fermano speranze e desideri, che dividono gli uomini. Ho pensato, con denti da scoiattolo, a quale potesse essere un modo valido per raccontare l’orrore annidato nella mente degli uomini che concepiscono e costruiscono muri mastodontici e mostruosi, da stanare in ognuno di noi, quando architettiamo piccoli muretti a secco, ipocriti e meschini: “Questo è il mio albero” di Olivier Tallec è un buonissimo modo.

QUESTO È IL MIO ALBERO di Olivier Tallec, Edizioni Clichy, 2020, pp. 32.

Età di lettura: dai 3 anni in su.
(Maria)

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 29 giugno

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 29 giugno

Incipit , chi ben comincia è a metà del libro!
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
29 giugno

<Sono Nate, il grande Nate. Faccio il detective. Lavoro per conto mio.
Vi voglio parlare del mio ultimo caso. Avevo appena fatto colazione, un’ottima colazione. Pancake, succo, pancake, latte e ancora pancake. All’improvviso ha squillato il telefono>.

Finalmente è arrivato il grande Nate, una serie nata nel 1972 dalla penna della scrittrice Marjorie Weinman Sharmat, una delle autrici statunitensi più prolifiche di libri per bambini.
Marjorie Weinman Sharmat aveva due sogni da bambina: diventare detective e diventare scrittrice. All’età di 8 anni aveva realizzato entrambi, dopo che lei e un’amica avevano pubblicato il loro giornale di spionaggio, The Snooper’s Gazette.*
Con la popolare serie “Nate the Great”, intere generazioni di bambini hanno imparato a leggere e a investigare.
Il 26 giugno sono usciti i primi due volumi pubblicati dalla casa editrice romana Il Barbagianni Editore, che sceglie di usare l’ EasyReading font, il carattere ad alta leggibilità e tutti i criteri associati, come l’ampia spaziatura tra i periodi, il colore bianco opaco delle pagine e il testo non giustificato, per facilitare la lettura.
Nate è un bambino detective che indossa un cappello e un impermeabile in stile Sherlock Holmes, è goloso di pancakes, risolve sempre il caso e cattura il colpevole, di solito con l’aiuto del suo fidato amico cane Fango.
Da vero professionista, Nate resta concentrato sul caso, e’ risoluto e intuitivo, “collega e scollega i pensieri” ed è ironico e divertente.
Lavora da solo alle indagini, ma è sempre contornato dai suoi amici. Nel primo episodio Nate aiuta Annie, la sua vicina di casa, a ritrovare un disegno scomparso, mentre nel secondo episodio è l’amico Claude a chiedere il suo aiuto nella ricerca di una lista smarrita.
Impreziosiscono il testo le illustrazioni di Marc Simont, che della serie illustrò i primi venti episodi. Dal tratto nero netto e preciso, le illustrazioni ben descrivono gesti ed espressioni dei bambini e l’uso bicromo del colore (giallo/rosso, azzurro/giallo) dona alle pagine un gioioso movimento.
Siamo certe che la serie continuerà a far appassionare ancora tanti giovani lettori!

(Mariella)

Età consigliata a partire dai 5 anni.
IL GRANDE NATE – IL GRANDE NATE E LA LISTA SMARRITA, di Marjorie Weinman Sharmat, illustrazioni di Marc Simont, Il Barbagianni Editore 2020.

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 22 giugno

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 22 giugno

INCIPIT, chi ben comincia è alla metà del libro

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22 giugno

 

 

“… sì, sto portando fuori il piccolo e mi prendo un po’ di tempo per me”

Il tempo delle mamme. E il tempo dei bambini. Interconnessi, simbiotici, così difficili a volte da organizzare, sincronizzare, gestire. In una colorata giornata di primavera una mamma ed il suo bambino vanno insieme al parco. Non appena arrivati la mamma inizia una lunga telefonata con un’amica. Nel frattempo il bimbo, eludendo la sua sorveglianza (abbastanza facilmente in verità) inizia una serie di spericolate avventure, che ricalcano in maniera fantastica (ma insieme molto reale) quello che la mamma sta dicendo al telefono. “Hanno passato un tempo difficile e per  loro è stata dura restare a galla. Poi si è presentata l’occasione  e l’hanno presa a due mani …”: il bambino cade nell’acqua del laghetto e riesce poi ad aggrapparsi al dorso di un cigno; “Io mi sento … come dire? Sempre un po’ sospesa, ecco. E mi ci sto abituando”: il bambino si dondola sospeso ad un ramo … “Alla fine devo tornare sempre con i piedi per terra”: il bambino cade seduto sul prato. E così via. Deliziosa la presenza di un grosso cane premuroso che accompagna il bambino, che viene poi alla fine recuperato tutto intero dalla mamma e portato a fare merenda. Questa la trama di “Al parco con mamma” l’ultimo lavoro dell’amata Judith Kerr, scomparsa nel 2019 a 96 anni, autrice di grandi albi classici “Una tigre all’ora del tè” e “Mog, la gatta distratta” e di “Quando Hitler rubò il coniglio rosa”. Uscito in Inghilterra nel 2018 è stato pubblicato in italiano a maggio dalla casa editrice HarperCollins. Un ultimo lavoro “pungente” e forse anche un po’ amaro, in cui la Kerr sembra quasi voler richiamare le mamme di oggi ad una maggiore attenzione, alla necessità di condividere un tempo di qualità con i bambini, breve forse, ma inteso e tutto per loro. Malgrado questo intento, la sintonia della coppia mamma-bimbo è però evidente. Riporto qui le parole con cui viene descritta nella recensione pubblicata nel blog Milkbook, perché credo rendano molto bene il concetto: “Il tempo di mamma è anche il tempo del bimbo, durante il quale si sente al sicuro al punto di essere libero di esplorare il mondo e di librarsi in alto sulle ali della fantasia. Il dialogo che tiene la mamma al telefono, del resto, descrive ciò che sta per vivere il bambino nei singoli episodi, ma anche i sentimenti della mamma, di fronte ai mille accadimenti della vita, e che corrispondono esattamente a quelli provati dal bimbo, segnando, così un rapporto di continuità tra i due sentire”. Le illustrazioni sottolineano e rimarcano un senso di serenità, anche quando la piega della storia richiederebbe forse altro: dominano i toni pastello e chiari, molto luminosi, ben diversi dai viola e dagli arancioni di “Una tigre all’ora del tè”;  sono pochi ed essenziali i tratti delle figure, ma molto ben curati.

Il tempo di mamma, alla fine, è sempre occasione particolare e speciale per il bambino di esplorare il mondo. E per la mamma è sempre una fortuna poter avere con sé il suo bimbo, soprattutto nei momenti di difficoltà.

AL PARCO CON MAMMA di Judith Kerr, HarperCollins, 2020

Dai 3  anni

(Francesca)

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 15 giugno

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì 15 giugno

Incipit, chi ben comincia è a metà del libro!
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15 GIUGNO
È DA UNA VITA CHE OLGA LA NEGOZIANTE LAVORA AL CHIOSCO.
FORSE STA UN PO’ STRETTA LÌ DENTRO.”
A volte un albo illustrato è come una cipolla. E “Il Chiosco” di Anete Melece è proprio una bella cipolla di Tropea, i cui colori si possono rintracciare anche nella roboante illustrazione di copertina. È una cipolla non perché faccia piangere lacrime di coccodrillo, ma perché fatto a strati: si sfoglia e rivela piano piano, uno dopo l’altro, i suoi dolci cuori.
Olga lavora in un minuscolo chiosco che vende di tutto. Il problema, però, è che negli anni Olga si è allargata un po’ troppo, tanto da non riuscire più ad uscire dall’edicola. Vive, così, incastrata lì, al centro di una piazza, svolgendo il suo piccolo, quanto prezioso, servizio per la comunità. Lì osserva i passanti, chiacchiera con i clienti ed offre consigli. E lì mangia, dorme, sogna. Sogna di poter uscire, viaggiare, ammirare tramonti esotici su oceani lontani. Ma un giorno questa routine così succinta si spezza, e Olga si lascia, inaspettatamente, travolgere dagli eventi, per poi domarli felicemente a suo modo. Una piccola storia, estremamente brillante, gustosa come una scatola di caramelle tutti gusti: comunità, malinconia, desiderio, corpo, viaggi, tramonti, orizzonti, piccole cose, solitudine, inedia, resilienza, fortuna, disequilibri, cani e guinzagli lunghissimi, felicità, incidenti, sorprese, scoperte, rivoluzioni, tuffi, acqua e gelati.
Gusti e colori sostenuti da illustrazioni buffe e curiose, chiassose e piene di dettagli al contempo realistici e magici.
Anete Melece, classe 1983, è una illustratrice filmaker di animazione lettone, che attualmente vive e lavora il Svizzera. Il suo libro, pubblicato nel 2019, e che in Italia ha vinto il premio Orbil come migliore albo illustrato, è tratto da un suo cortometraggio animato del 2013, che vale la pena guardare, poiché regala camei di personaggi esilaranti, poi esclusi dal libro (qui i link del cartone e del suo sito: https://www.youtube.com/watch?v=Om0fNxpOxqkhttp://www.anetemelece.lv/is/).
Vi invito, dunque, a sfogliare questo odoroso e rumoroso arcobaleno di emozioni che, pur essendo solo suggerite, muovono ed illuminano potentemente il percorso del lettore.
di Anete Melece, Jaca Book, 2019, pp. 40.

Età di lettura: dai 4 anni in su.
(Maria)

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì

INCIPIT rubrica di consigli di lettura del lunedì

Félicette

“Come nelle storie più belle, Félicette era una gatta: una gatta di strada, per di più, e di strada parigina. Nella sua storia, che è una storia vera, ci sono parti certe, altre che immaginiamo; ma quel che è sicuro è che questa è la storia del primo gatto nello spazio.”
Molti di noi ricordano Laika, la cagnetta inviata in orbita a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2 nel 1957, ma pochi sanno che in realtà gli animali mandati dall’uomo nello spazio negli anni ‘50 e ’60, per scopi sperimentali, furono davvero tanti: conigli, ratti, scimmie, topi, cani e, appunto, gatti.
Un albo uscito a fine maggio per Topipittori, una vera “chicca” per gli amanti dei gatti e dei cieli stellati (ma non solo), autrice la giornalista trentina Elisabetta Curzel ed illustratrice Anna Resmini, ci racconta la storia di Félicette: una gatta randagia che nel 1963 venne fatta salire su un razzo (chiamato Véronique, francese come lei quindi) e catapultata tra le stelle. Dopo aver sperimentato per qualche minuto l’assenza di gravità la gatta tornò poi viva a Terra, lanciata a bordo di un paracadute.
L’avventura di Félicette, come ci racconta l’autrice stessa nell’articolo dedicato al libro sul blog della casa editrice, è rimasta pressoché sconosciuta per molti anni. A gennaio di quest’anno lo Smithsonian Institute di Washington le ha dedicato un lungo articolo in occasione della realizzazione di una statua in bronzo (custodita presso l’International Space University di Strasburgo), che raffigura appunto la gatta cosmonauta, appollaiata sul pianeta Terra e con lo sguardo rivolto verso il cielo.
Elisabetta Curzel riesce a rendere accattivante la storia di Félicette, utilizzando un linguaggio piano e pacato, non senza una punta d’ironia negli interventi “gatteschi”. Il punto di vista dal quale è narrata la storia è infatti quello della felina astronauta: “Gli scienziati erano molto felici di rivederla viva (e chi mancherebbe pure, pensò Félicette); “C’è chi dice, però, che nonostante (…) l’idea di essere il primo gatto del mondo a guardare la terra dall’alto, e ad accorgersi che era molto più grande di quanto qualsiasi pennuto avrebbe mai visto in vita sua, le provocò un mezzo sorriso”.
Alla fine, pochi anni dopo il “lancio” di Félicette, l’uomo arrivò davvero sulla luna, grazie anche alle sperimentazioni sugli animali che permisero di “testare” la resistenza del corpo alle condizioni fisiche estreme dei viaggi spaziali. Un utilizzo strumentale degli animali dunque, in questo caso come in tanti altri, assai diffuso all’epoca e che oggi, forse, dopo tanti anni di lotte per la tutela dei diritti dei nostri amici (anche se purtroppo assistiamo spesso ad episodi di crudeltà e violenza, come quello recentissimo dell’elefantessa barbaramente uccisa in India) non sarebbe così scontato.
Una menzione particolare meritano le splendide illustrazioni di Anna Resmini, realizzate con tecniche di stampa d’arte, tutte giocate su colori “notturni” dal nero al blu, ai vari toni d’azzurro, dove si stagliano gialle, rosse e arancioni le sagome dei razzi e dei pianeti.
Particolare anche la raffigurazione di Félicette, un’elegante silouhette tutta in nero, con sottili baffi bianchi ed un piccolo naso pure bianco, che poi “esplode” nelle ultime due pagine, in cui finalmente possiamo vedere il muso della gatta a tutto tondo e i suoi due grandi occhi, in cui si riflette il cielo scuro puntinato di bianco.
Il testo in stampato maiuscolo rende l’albo adatto anche per le prime letture autonome nella scuola primaria.

FÉLICETTE di Elisabetta Curzel, illustrazioni di Anna Resmini, Topipittori, 2020

Dai 7 anni

(Francesca)