LIBRI&LIBRAIE del lunedì, per iniziare con slancio la settimana!
Francesca vi racconta:
L’AMICA DI CARTA, di Lia Levi, illustrazioni di Donatella Limentani, Biancoenero, 20 gennaio 2023
“Una bambina e basta” di Lia Levi è un libro che una delle mie figlie ha molto amato. Consigliato da una brava maestra di italiano in quinta elementare, per lei (la figlia, ormai laureata da un po’) il primo letto di una lunga serie di libri sulla Shoah. Un interesse, quello per le tematiche legate allo sterminio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale, che ha sempre molto “acceso” anche me e che ha poi trovato il suo culmine nel viaggio ad Auschwitz fatto nell’aprile del 2017.Esiste un modo per parlare anche ai più piccoli di questi temi? Certamente la scrittura di Lia Levi aiuta molto per la fascia della scuola primaria e secondaria di primo grado.
Mauretta e Luisa sono compagne di classe alla scuola ebraica di Roma ed amiche del cuore. Un giorno all’improvviso Luisa annuncia a Mauretta che deve partire, ma non per una vacanza. Deve trasferirsi al Nord, nella città dove vive la nonna, dove il suo papà potrà avere maggiori possibilità di trovare un lavoro. Questa notizia getta Mauretta nello sconforto e letteralmente “si sente mancare la terra sotto i piedi”. Al saluto segue un pianto dirotto e inconsolabile. La mamma cerca di calmarla dicendole “che si farà presto un’altra amica” ma non è certo cosa semplice. “Un’amica mica si può cambiare e sostituirla con un’altra come un paio di scarpe quando quelle vecchie si sono rovinate”. Poi però Mauretta ha un’idea. E se affidasse tutti i pensieri che era solita condividere con Luisa a qualcuno disposto ad accoglierli e custodirli senza parlare? Un quaderno, foderato con una copertina blu per renderlo simile a quelli usati per la scuola, diventa, appunto la nuova “amica di carta”. E sarà proprio il quaderno, perduto e poi ritrovato, ad essere occasione per dare inizio a nuove amicizie … in carne ed ossa.
Di questa storia (stampata tra l’altro con font ad alta leggibilità) ho apprezzato in particolare la semplicità del linguaggio e la chiarezza nel presentare i fatti (o meglio il fatto) all’origine. “Sì perché tutto dipendeva dalla guerra. E dalle altre complicazioni che avevano reso davvero difficile il periodo in cui Mauretta e Luisa vivevano”. Mauretta e Luisa erano cittadine italiane di origine ebraica (e fin qui, come dice il testo “niente di strano”: semplicemente poi il regime fascista aveva deciso che “essere Ebrei a quei tempi non andava bene”. Quella caratteristica non era gradita. Punto e basta. Un solo (e iconico) punto all’origine di tutto.Nell’intervista a Lia Levi che segue il testo, a cura di Anselmo Roveda, viene poi sottolineata l’importanza della scrittura. Grazie al quaderno blu, “l’amica di carta”. la scrittura è espressione, dialogo e relazione, ma anche intimità e segreto. Pagine pronte ad “ascoltare”, proprio come, fatte le debite differenze, furono per Anna Frank quelle del suo famoso diario.
Un cenno meritano le silohuettes in bianco e nero di Donatella Limentani, semplici e lineari, che ben si sposano con la chiarezza del testo.
Non sono tanti i libri della mia infanzia sopravvissuti al trascorrere del tempo; conservati nella cantina che sorge nel mezzo del giardino dei miei genitori, la maggior parte di essi è stata rosicchiata da topolini di campagna. Uno è stato regalato alla persona sbagliata, qualcun altro si è perso fra un trasloco e l’altro. Nel marzo del 2020, però, è accaduto un piccolo miracolo: nel limbo fra casa vecchia e casa nuova, con la mia famiglia ci trovavamo ospiti dai miei genitori e la maggior parte delle nostre cose, libri compresi, si trovava inscatolata e stipata proprio nella loro cantina.
Ma il periodo era quello che era, lockdown, tutti a casa, zona rossa, giornate infinite. Servivano storie in cui tuffarsi, servivano i miei libri, servivano i libri di mia figlia… e così una mattina mi sono immersa nella cantina, un microcosmo di cartone, polvere, odore di muffa, cacchette di topo e strani insetti, ho spostato frigoriferi, scrivanie, scale, alberi di natale e, finalmente, ho trovato degli scatoloni con su scritto LIBRI. Acqua nel deserto! Terra per il naufrago! Una volta fuori di là, pazientemente mi sono messa ad aprirli, pulire, spolverare ed ordinare tomi su tomi, finché non ho aperto un imballo che conteneva biglietti dell’autobus, vecchie lettere, piccoli tesori e, sul fondo, almeno una dozzina di vecchi libri, della me bambina. E fra questi, i miei tesori massimi! “Le streghe” di Roald Dhal, nell’edizione SalaniGl’Istrici, terza ristampa del 1989 e, soprattutto, l’albo illustrato di cui finalmente, dopo questo faticoso preambolo, mi decido a raccontarvi: “Madama Topina e le case del Bosco” di George Mendoza, con le straordinarie illustrazioni di Doris Susan Smith, Editrice Piccoli, 1985. Un libro che avrò letto con ogni senso centinaia e centinaia di volte, compulsivamente e felicemente. La gioia di quest’ultimo ritrovamento è stata tanta e tale, da dimenticare per un’intera giornata Dostoevskji, Pasolini, Morante, Woolf, Murno, Saramago e Calvino in giardino.
Non mi spiegavo come fosse possibile che un gioiellino come questo bestseller degli anni ottanta non fosse stato più ripubblicato, soprattutto ai giorni nostri, date ormai le tante case editrici di qualità, che portano avanti un lodevole lavoro di riscoperta, consapevoli della mole di tesori nascosti che il passato della letteratura per l’infanzia cela. Non me ne facevo una ragione, tanto da proporre alle mie colleghe, in un eccesso di megalomania, di ripubblicarlo noi stesse attraverso la libreria. Poi, per fortuna, ci ha pensato Terre di Mezzo. Intitolato originalmente “House by Mouse” (e successivamente “Need a house? Call Ms. Mouse!”), l’albo fu pubblicato nel 1981 dalla casa editrice newyorkese Grosset & Dunlap; arrivò in Italia come “Madama Topina e le case del bosco”, grazie alla Editrice Piccoli, realtà milanese che dai primi anni ‘60 pubblicò molta letteratura per ragazzi, dalla fiaba al romanzo, passando per l’albo. Una esperienza editoriale quella di Editrice Piccoli che, assieme a quella certamente più di rottura di Emme Edizioni, contribuì in modo notevole allo sviluppo del settore in Italia. Attiva sino al 1990, fu poi assorbita dal gruppo editoriale Il Capitello.
Oggi, come già accennato, con il titolo “Diletta topolina architetta. Progetti per case da sogno”, torna in libreria grazie a Terre di Mezzo, una casa editrice che ha nel suo dna la vocazione alla scoperta e alla riscoperta, essendo originariamente specializzata in letteratura odeporica.
Madama Topina, Diletta nella nuova versione, Enrichetta per noi boomers, è una topolina architetta che passa le sue giornate, nottate comprese, fra tavolo da lavoro e cantieri, a immaginare e realizzar progetti per dare una casa a tutti gli amici della foresta. Il suo dono è saper capire di cosa ciascuno abbia bisogno per sentirsi a casa propria. La topolina architetta viene presentata in media res, totalmente presa da ogni fase del suo lavoro, sin dalla copertina, passando per i risguardi e le prime pagine: e poi il libro si apre magicamente sulle sue creazioni, tavola dopo tavola, a partire dalla sua casa, passando per l’abitazione di Mastro Scoiattolo, la dimora di Madama Trota e quella della Signorina Gattina, il rifugio di Comare Talpa e quello di Volpe Rossa, la tana di Coniglio Lesto e di Bruco Goloso;ci sono la caverna di Vecchio Orso, la terrazza di Signora Lucertola, le palafitte di Rana Saltarella e la casa del Signor Ragno; la torre del Professor Gufo, la villa di Porcello Ciccio (che manie di grandezza!) e la baracca di Madama Lontra. L’ultima illustrazione a doppia pagina dell’albo, infine, ci mostra un paesaggio: la nostra topina si regala una bella vacanza in tenda, dopo tanto lavoro, immersa nella natura. E girando l’ultima pagina la ritroviamo curva alla sua scrivania, ma di spalle, nell’immagine speculare a quella dell’incipit della storia, che rivolge una domanda al lettore: “ E tu cosa ne pensi?”.
Beh, io penso che questa delicata storia senza tempo, a suo modo radicalmente ecologica, romanticamente illustrata con dovizia di particolari da Doris Susan Smith (prolifica autrice e disegnatrice attiva dagli anni ‘70, conosciuta in Italia anche per il suo”Le vacanze di Geremia”, lui sì fra i libri dispersi e ancora pianti della mia infanzia), ci aiuta nel comprendere quanto sia bello quando l’intervento umano sa convivere con il paesaggio, l’antropico con l’elemento naturale, come fosse l’uno il prolungamento dell’altro. Non c’è qui consumo di suolo, tutto è armonico pur in un modo creativo e libero. Qui gli animali sono animali, ma forse sono anche una versione possibile dell’uomo e delle sue azioni. L’autore della nostra storia è George Mendoza, che è stato un poeta, scrittore e autore per la tv statunitense. Ha pubblicato un centinaio di libri, collaborando con celebrità dello sport come Muhammad Ali e Ivan Lendl ed artisti del calibro di Eric Carle e Norman Rockwell.
Ed ecco, allora, mi concedo un piccolo salto: penso al celeberrimo triplo autoritratto di Norman Rockwell, star dell’illustrazione statunitense che ha attraversato la storia del novecento. Dipinto con olio su tela, venne pubblicato sul Saturday Evening Post nel 1960. L’artista si ritrae di spalle, nel riflesso dello specchio e nella forma dell’autoritratto che sta realizzando sulla tela. L’opera è concepita come la rappresentazione simbolica di Rockwell come artista. Ciascun dettaglio contribuisce alla narrazione della scena. Nessun elemento è lasciato al caso, ed è scelto con cura per questo scopo, infatti nel dipinto l’artista porta gli occhiali, li si vede nel suo riflesso, ma sono assenti nell’autoritratto che sta componendo, forse a voler intendere che fra ciò che si è e l’opera che si crea vi è una distanza, che l’opera non termina con i limiti del corpo fisico del suo creatore, ma si espande, va verso l’altro, portando valore e bellezza.
Il ritratto di topina, davanti in apertura e di schiena in chiusura, mi fa pensare proprio a quest’opera, ed è bello che la suggestione arrivi, a prescindere dagli intenti dell’artista.
Sarà la nostalgia di un immaginario lontano, familiare, di colori meno esplosi eppure profondi, che schiudono pensieri e ricordi, sono grata per questo ritrovamento. Madama Topina ètornata in un momento della mia vita molto particolare, in cui, appena abbandonata la mia vecchia casa ed ancora alla ricerca di una nuova, è scoppiata la pandemia di Covid-19: un momento nel quale ho profondamente ragionato sul senso della casa, del vivere, del cambiare. Ma al di là della mia esperienza personale, il lockdown ha chiuso più di mezzo mondo dentro casa, dunque suppongo che molte e molti si siano domandati: cosa è una casa?
Zompettando un’ultima volta, prometto, ancora all’indietro, ma non troppo, a pochi mesi prima della pandemia, nel 2019, è uscita una pellicola strabiliante, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, di un Golden Globe e dell’Oscar come miglior film: PARASITE di Bong Joon-ho; critica radicale della società sud-coreana (facilmente accostabile a quelle occidentali) il cui cuore è proprio la casa.
Quante corrispondenze può suggerirci una topina, eh?
Quante cose rappresentano le nostre case emotivamente, socialmente? Sono i nostri rifugi, le persone e le storie che le abitano e le hanno abitate, nella migliore delle ipotesi rispecchiano la nostra immagine, ma spesso sono solo un tetto che poco racconta della dignità degli uomini. E come vengono pensate, costruite, distribuite? A quali fini?
Allora, interroghiamo e facciamo interrogare alle bambine e ai bambini le opere della saggia Diletta, topolina architetta e continuiamo a farci domande, che la strada è lunga e la terra è tonda. Oggi, grazie a Terre di Mezzo, lo si può fare nuovamente.
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Francesca vi racconta: NATALE AL RISVEGLIO di Fulvia Degl’Innocenti, illustrazioni di Simona Mulazzani, Edizioni Primavera, dicembre 2022
Amo molto il Natale! Amo il clima d’attesa, le decorazioni e l’addobbo della casa, la cucina speciale, la ricerca del giusto dono per tutti. Omini di panpepato, lucine colorate, angeli di cartapesta e non solo, abeti luccicanti, elfi, renne e calendari dell’Avvento di ogni genere fanno per me. E del Natale amo le storie e … gli albi illustrati. In libreria quest’anno ne abbiamo davvero tanti e quando pochi giorni fa è arrivato “Natale al risveglio” all’inizio non l’ho neanche notato. La copertina, infatti, è … sfacciatamente primaverile! Con sorpresa quindi mi sono trovata a leggere una tenera storia scritta da Fulvia Degl’Innocenti, splendidamente illustrata da Simona Mulazzani, una delle mie illustratrici preferite.
Nel bosco tutto sembra quieto e tranquillo. Tappeto di foglie, sole pallido, muschio bagnato. Ma nelle tane degli animali c’è un grande trambusto. Fervono i preparativi per la festa più importante dell’anno e tutti sono indaffarati in cucina. Dolci di ghiande e nocciole per gli scoiattoli, sformato di carote per i conigli e ciambellone di castagne per i gufi: ognuno ha la sua specialità, anche la Talpa Carlotta, alle prese con un formidabile budino di lombrichi. Ma siamo sicuri che tutti, ma proprio tutti, siano impegnati? In realtà, per alcuni animali l’inizio dell’inverno coincide proprio con quello dell’inizio di un lungo riposo. Orso, Riccio, Ghiro e Marmotta dormono profondamente e per questo motivo non possono mai festeggiare il Natale. Il piccolo pettirosso Trilli allora ha un’idea. E al risveglio primaverile i “dormienti” avranno una bella sorpresa. Eh già, a Natale siamo tutti più buoni, il finale potrebbe anche sembrare un po’ scontato. Mi è piaciuto molto però il fatto che la storia sottolinei l’importanza dell’attenzione agli altri e alle loro esigenze. Nel bosco tutti corrono, tutti preparano, tutti fanno; il pettirosso sa fermare un momento lo sguardo su chi rimane ai margini e pensare ad un modo per far godere a tutti la grande festa. La riscoperta del senso profondo del dono come gesto di gentilezza e cura credo sia un valore importante da proporre ai bambini e che dovrebbe animare il senso più vero del Natale. Trovo poi deliziose le famiglie di animali disegnate da Simona Mulazzani (premio Andersen miglior illustratore nel 2016). Uno dei miei albi preferiti è proprio “Il grande libro dei pisolini”, popolato dai suoi topi, elefanti & conigli.
Se cercate una storia di Natale con ambientazione nuova ed originale quest’albo fa per voi. Grazie a Edizioni Primavera (giovane casa editrice della provincia di Avellino con un catalogo ricco di albi e narrativa di qualità) per averlo pubblicato.
Lo trovate in libreria, insieme a tante altre proposte!
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Mariella oggi vi racconta: PARTICELLE ATOMICHE, di Jerry Spinelli, traduzione dall’inglese di Angela Ragusa, Mondadori 2022.
Quando ti capita tra le mani un romanzo di Jerry Spinelli sai già, ancora prima di iniziare a leggere, che avrai la possibilità di conoscere un personaggio fuori dagli schemi, un anticonformista di sicuro, un ritratto di una ragazza o di un ragazzo assolutamente originale: Stargirl, Jeffrey Maggie, Misha e oggi Will Tuppence.
Will ha tante domande esistenziali, vive pensando sempre al futuro, ha pianificato la sua vita in dodici punti, ma quando viene a conoscenza del decadimento dei protoni (evento teorizzato e mai osservato finora), il suo mondo vacilla e le sue certezze cessano di esistere. In mezzo ad un gran turbinio di domande, Will affronta, con non poche difficoltà, il primo amore, l’amicizia e non per ultimo il rapporto con la sorellina. Per oltre metà del romanzo, veniamo risucchiati dalla tempesta emotiva di Will: l’amica d’infanzia Mi-Su si è baciata con l’amico BT, ma Mi-Su ha poi baciato anche lui. E allora quale strategia pianificare per conquistarla? Will vorrebbe poter fare la sua mossa ben studiata, come fa quando gioca a scacchi, ma la vita, si sa, non aspetta le mosse giuste. Così accade l’inaspettato e noi lettori, insieme a Will, assumiamo un nuovo punto di vista.
La sorellina, Tabby, per emulazione e soprattutto per attirare l’attenzione del fratello, una sera prende lo skate di Will e tenta la discesa della Dead Man’s Hill! Tutto cambia nel racconto, senza sminuire i toni e le emozioni finora provati, anzi, quello che fa lo scrittore americano pluripremiato Jerry Spinelli è mettere tutto insieme e innalzare il tempo e l’amore alle più elevate vette! In una lettera al lettore alla fine del romanzo, Jerry Spinelli ci spiega magistralmente di cosa parla il suo romanzo: “È un racconto che si occupa delle cose più grandi (eternità, cosmo) e delle cose più piccole (atomi, particelle subatomiche), delle cose più magiche (la vastità della natura, un bacio sotto le stelle) e delle più ordinarie (odore di fragole, una sorellina irritante) … prende tutte queste cose talmente diverse fra loro e le mescola per creare una storia. Una storia che inizia con un protone e finisce con un sorriso”.
Un sorriso è quello che resterà anche sul volto dei lettori.
Consigliato per ragazze e ragazzi dai dodici anni. Mariella
Paliamoci chiaro: noi libraie di Ponteponente abbiamo una libreria specializzata per bambinǝ e ragazzǝ, ma siamo decisamente onnivore in fatto di libri.
Giovedì scorso, sveglia dalle sei meno un quarto del mattino, appena trascorsa l’ora di pranzo, mi trovavo nel silenzio della libreria chiusa, circondata da centinaia di libri appena arrivati da stipare sugli scaffali, l’istinto bibliofago che stava per prendere il sopravvento, quando fra le mie mani si materializza un volume verde acqua, dalla copertina rigida, intitolato come uno fra i libri più importanti della mia vita che, caso strano, avevo appena tentato goffamente di raccontare a due classi di un liceo scientifico qualche ora prima: Una stanza tutta per sé. Ma questo libro con una macchina da scrivere disegnata in copertina non è una nuova edizione del noto saggio di Virginia Woolf, bensì una sorta di catalogo degli studi – o dei luoghi deputati alla scrittura – delle grandi scrittrici e dei grandi scrittori. Pecisamente si tratta di “UNA STANZA TUTTA PER SÉ. Dove scrivono i grandi scrittori” di Alex Johnson e James Oses, appena uscito in Italia per L’Ippocampo ed originalmente pubblicato in Gran Bretagna da Frances Lincoln ad aprile, con il titolo “ROOMS OF THEIR OWN. Where Great Writers Write”.
Ora, io non credo ciecamente nella bibliomanzia, ma davanti ad eventi del genere nemmeno si può dire che il caso non esista.
Si tratta di una galleria dei luoghi che hanno visto all’opera il processo creativo dei più grandi autori mai esistiti; curiosando fra le abitudini, i rituali e le manie, scopriamo dettagli importanti sulle loro vite e la loro opera.
C’è chi scrive sdraiato, chi si circonda di fotografie, vecchi talismani, chi beve caffè, mooolto caffè, chi nel caos, chi scrive ovunque, chi in albergo, in macchina, su un’isola e chi ha solo bisogno di una finestra davanti agli occhi. Chi scrive a mano, chi con la macchina da scrivere, chi usa il dittafono e chi il computer. C’è chi ha orari rigidissimi, chi strampalati e chi scrive solo di notte. E poi: quante parole? Quante pagine ogni giorno? Insomma, scopriamo come il demone della scrittura operi attraverso molteplici vie…
Questo catalogo ci lascia entrare nel seminterrato colmo di giocattoli appartenuto a Ray Bradbury, nello studio condiviso delle sorelle Brontë o nella solitudine della stanza di Emily Dickinson, lavoriamo in piedi con Hemingway, siamo fra gli alberi da frutta di Checov, con i gatti di Judith Kerr; e ancora: a passeggiare su una spiaggia giamaicana con Ian Fleming, seduti sulla poltrona di Roald Dahl e alla scrivania portatile di Charles Dickens, annusiamo i papaveri sul tavolo d’olmo di Sylvia Plath el’inchiostro nero di Kipling, ascoltiamoBach, Mozart e Beethoven con Umberto Eco e jazz con Murakami, mentre fumiamo Pall Mall senza filtro con Kurt Vonnegut. La foto di Virginia Woolf è lì, sulla scrivania di Vita Sackville-West.
La Bibliotheca Semiologica, Curiosa, Lunatica, Magica & Pneumatica di Umberto Eco, cuore pulsante del suo studio milanese – ben descritta in questo libro – è per me qualcosa che si avvicina molto all’idea di Paradiso. Soddisfa il mio ideale di curiosità e le mie perversioni, perché io sono una bibliomane. Non è amore per i libri il mio, io sono posseduta dai libri. Sommersa, via. Il libro è un’appendice irrinunciabile; i libri che ho accumulato negli anni contengono il mio immaginario, i miei pensieri, le mie credenze, i miei sogni ed ognuno di questi aspetti più che concentrarsi nella mia mente e memoria è frammentato in una miriade di pile di pagine fatte di bianco e di nero, di immagini e colori, elementi creati da altri ai quali mi è necessario ricorrere per recuperare parti di me stessa, come si trattasse di una necessità basica per il mio corpo. Ritrovare arti ed organi fra gli scaffali e la polvere. Giro sempre con almeno un libro appresso (ho sofferto di biblionomadismo acuto in giovane età, per cui ogni volta che partivo potevo arrivare a portare con me sino a due valige di libri), i libri occupano il mio spazio fisico, sono il primo oggetto che vedo la mattina appena apro gli occhi e l’ultimo la sera quando li chiudo. Letteralmente, la casa dove abito esplode di libri e, ad essere sincera, non so se la bibliomania sia contagiosa, ce la sto mettendo tutta per trasmettere questa lieve psicosi anche a mia figlia.
Ho trovato molte definizioni che danno un nome a questa devianza: le due che amo di più sono la giapponese “tsundoku”, più legata alla questione materiale dell’accumulare pile di libri che non necessariamente saranno destinati ad essere letti, e l’anglosassone “Book Madness”, un modo poetico ed assieme punk per descrivere con fierezza l’insieme dei morbi librari.
La gratitudine che nutro nei confronti dei creatori di mondi è infinita. A dispetto del tempo e dello spazio, vivono con me o possono venirmi a trovare, alimentano il mio amore per la vita, espandono i limiti della mia mente e mi liberano dalla solitudine.
Ma… non siamo qui per vagare e divagare in un’indefinita e forse infinita biblioteca dal sapore borgesiano, quindi torniamo a questo prezioso volume! Curato dallo scrittore, giornalista e blogger Alex Jhonson, decisamente un patito di libri (andatevi a fare un giro qui: https://www.onthebookshelf.co.uk/), oltre a proporre ben cinquanta voci, è arricchito di focus con curiosità, citazioni celebri sulla scrittura ed il mestiere dello scrittore, brevi bibliografie e, soprattutto, illustrato con gli acquarelli essenziali di James Oses, capaci di restituire sensazioni e dettagli senza risultare didascalici.
Roald Dahl descrive il suo studio come una dimensione decentrata, un luogo per sognare e perdersi, silenzioso, buio e accogliente come un grembo materno… Eh, sì, proprio così! In fondo lo studio non è altro che quello spazio, fisico o metaforico che sia, sacro, inviolato, che ciascuno di noi dovrebbe poter avere per prendersi cura della parte di sélegata all’immaginazione, alla creazione, alla sperimentazione. Quella parte che ha bisogno di essere coltivata con lo studio, il silenzio, l’attenzione, il tempo sospeso. Unadimensione che spesso è messa a dura prova dalle circostanze in cui molte e molti nascono e crescono, ma anche dalla smemoratezza del quotidiano, dalla stereotipia dei ruoli, dalla spietatezza dell’era dell’accesso. Eppure, nonostante gli ostacoli, costruirla la propria stanza, scavarla nella pietra, sospenderla fra le nuvole e riempirla di una materia capace di andare oltre l’apparenza. Zadie Smith tiene a portata d’occhio una citazione del filosofo Jaques Derrida, assai congrua con il filo che tende questo bellissimo libro:” Se non si mantiene il diritto al segreto, si entra in uno spazio totalitario”. Onorare la meraviglia della vita non significa essere tutti artisti, geni, scrittori, ma annaffiare gli aspetti più sottili e profondi di noi, in grado di generare pensieri migliori e costruire parole più belle, questo sì.
Un libro per ragazzi ed adulti curiosi, perfetto per ri-mettere a fuoco.
LIBRI&LIBRAIE del lunedì, per iniziare con slancio la settimana!
Francesca vi racconta: STORIA DI JO. Come prendersi cura di un amico a quattro zampe, di Elena Bulay, traduzione di Gioia Sartori, Terre di mezzo, novembre 2022
Fino a un po’ di tempo fa non avrei mai pensato di condividere vita e tempo con un animale domestico, meno che mai con un cane. Poi ho iniziato piano piano a prendere in considerazione seriamente l’ipotesi e … eccomi qua! L’anno in cui ho preso Maia (la mia dolce e paurosa quadrupedina) ha coinciso con l’inizio della mia avventura in libreria: era il 2016 (ottobre, per la precisione) e tra una scossetta di terremoto e l’altra e tutte le novità di un nuovo ed impegnativo lavoro mi sono ritrovata anche con un cucciolo in braccio! Che tempismo, vero? Ripensando al mio apprendistato da “umano di riferimento” di una canetta, con grande piacere ho accolto l’arrivo in libreria di questa novità edita da Terre di Mezzo, Storia di Jo. Un albo illustrato pensato proprio per chi è alle prime armi come padrone o padroncino, con tante illustrazioni e consigli.
“Mamma, papà mi prendi un cane?” Se vi hanno rivolto questa domanda almeno una volta e siete stati dubbiosi sul da farsi avete fatto bene. Accogliere un cane nella propria famiglia non è affare da poco. Il cane non è un giocattolo, è un essere vivente con la sua personalità e le sue abitudini ed averlo richiede tempo ed impegno. Elena Bulay, autrice ed illustratrice russa, in quest’albo ci racconta la sua avventura la sua cagnolina Jo. Un racconto in prima persona traboccante di amore e tenerezza si mescola a ricche informazioni pratiche su tutti gli aspetti della vita del cane. Innanzitutto ci sono tanti diversi tipi di cane, di razza o meticci oppure, come ci dice Elena “rasta”, “stilosi” “salsiccia” “rugosi” “barbuti”. Come sceglierlo? Elena ci aiuta proponendo una serie di domande e tanti elementi da tenere in considerazione per orientarsi. E poi in una carrellata ricca di bellissime illustrazioni, seguendo il percorso di vita di Jo, vengono presentati tanti spunti interessanti sulle cose necessarie (in realtà neanche tantissime) su come preparare la casa, sulla pappa, i giochi, le uscite, i viaggi.
Perché mi ha colpito questo libro?
A parte la bellezza delle illustrazioni, per le quali la Bulay è stata tra i vincitori della Mostra Illustratori della Bologna Children’s Book Fair nel 2021, questo libro trabocca d’amore per i nostri amici quattro zampe. Un amore che è condizione essenziale per poterli accogliere. In particolare, alla fine del volume, sono riportate le “cinque libertà” degli animali e quindi anche dei cani. Nel 1978 presso la sede dell’UNESCO a Parigi è stata proclamata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, primo provvedimento internazionale che educa al rispetto di ogni forma di vita. Da allora, nel mondo occidentale, si sono moltiplicate le disposizioni normative per il benessere degli animali. Negli anni ’70 in Europa è stato avviato un percorso culturale e legislativo in questa direzione. Il benessere in relazione agli animali può essere definito come “lo stato di completa sanità fisica e mentale che consente all’animale di vivere in armonia con il suo ambiente. Per garantire questo è necessario che vengano assicurati almeno i bisogni essenziali, individuati nel 1965 e ufficializzati poi nel 1979:
libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, mediante il facile accesso all’acqua fresca e a una dieta in grado di favorire lo stato di salute
libertà di avere un ambiente fisico adeguato, comprendente ricoveri e una zona di riposo confortevole
libertà da malattie, ferite e traumi, attraverso la prevenzione o la rapida diagnosi e la pronta terapia
libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche, fornendo spazio sufficiente, locali appropriati e la compagnia di altri soggetti della stessa specie
libertà dal timore, assicurando condizioni che evitino sofferenza mentale.
Vivere con un cane è un’esperienza che secondo me va fatta almeno una volta nella vita, per il modo in cui ci arricchisce, perché ci insegna anche ad uscire di casa con qualunque tempo atmosferico, a camminare, a stare all’aria aperta. Ma soprattutto perché, come recita l’ultima frase del libro, “i cani portano gioia nelle nostra vita e ci rendono felici” e perché (e qui riporto una famosa citazione di Anatole France) “finché a quando non hai amato un animale, una parte della tua anima sarà sempre senza luce”. La mia Maia, dal divano, ci dice che è d’accordo! Bauuuuuuuuuuuu!!!
Francesca
Consigliato da 8 anni in su e per chi vuole prendere un cagnolino
Libreria per Bambini e Ragazzi a Roma, nel quartiere Appio Latino. Nella nostra libreria oltre a tanti spunti di lettura, potrai seguire le nostre molteplici attività, i laboratori e gli eventi destinati ai piccoli lettori
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