Incipit, chi ben comincia è a metà del libro!
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
6 LUGLIO
“Amo gli alberi. Amo quest’albero, è il mio albero.”
Un simpatico scoiattolino, dallo sguardo vagamente allucinato, abbraccia un albero, beandosi alla sua ombra ne rosicchia le pigne, lo scala, finché il pensiero che il suo albero possa essere reclamato da qualcun altro, le sue pigne, la sua ombra godute da altri, lo turba irrimediabilmente. Il pensiero di quella tranquillità spezzata lo angoscia e lo tormenta, spingendolo ad escogitare possibili soluzioni per evitare la tragedia, l’invasione, l’altro, la condivisione. Così il pacifico scoiattolo si trasforma in una sorta di Willy il coyote, che inventaria soluzioni sempre più drastiche per proteggere la sua libertà, la sua proprietà: palizzate, cancelli nel nulla o, ancor meglio, un muro. Un muro lunghissimo, altissimo, invalicabile, che finisca solo quando incontra un altro muro. Un muro per proteggere il suo albero e le sue pigne. Ma dopo aver eretto l’immane opera? Lo scoiattolo si rallegrerà, infine, della sua ombra? O sarà naturalmente spinto a chiedersi cosa si trova al di là del muro?
Olivier Tallec, illustratore ed autore bretone prolifico e di talento, ci consegna un albo davvero prezioso. Ci aveva già condotti con i suoi libri precedenti – grazie al suo segno onirico, aguzzo e materico assieme, grazie alla sua scrittura asciutta ed ironica – nel mondo dei bambini, nelle loro dinamiche buffe, soluzioni improbabili e sogni supremi, ma qui l’operazione cambia passo. Tallec parte dall’egoismo infantile come base per la sua riflessione, riuscendo ad allargarsi a macchia d’olio e divenendo politico e filosofico assieme, parlando di muri, libertà e desiderio pur senza mai smettere di scrivere per i bambini. Non è un caso che l’elemento da cui tutto parte sia un albero. Simbolo di vita. Come difendiamo la vita, sembra chiedersi e chiederci Tallec? Poche pagine, ficcanti ed acide, fatte di asserzioni, domande, dubbi, sospetti. Tavole dominate dai toni autunnali del giallo e del marrone, con qualche incursione di sfumature, bianchi e blu.
Come ogni volta che mi appresto a scrivere il consiglio di lettura del lunedì, ho letto con attenzione ed ho cercato, poi, un punto di partenza per parlare del libro, e dunque una chiave per smontarlo e rimontarlo, una luce per osservarlo. Ho trascorso tutta la giornata persa e desolata fra tutti i muri del mondo, quelli caduti e quelli che sono ancora in piedi, e la cui costruzione non si arrende. Muri che fanno ombre terribili ed inutili in mezzo ai deserti, che fermano speranze e desideri, che dividono gli uomini. Ho pensato, con denti da scoiattolo, a quale potesse essere un modo valido per raccontare l’orrore annidato nella mente degli uomini che concepiscono e costruiscono muri mastodontici e mostruosi, da stanare in ognuno di noi, quando architettiamo piccoli muretti a secco, ipocriti e meschini: “Questo è il mio albero” di Olivier Tallec è un buonissimo modo.
RUBRICA di consigli di lettura del lunedì
6 LUGLIO
“Amo gli alberi. Amo quest’albero, è il mio albero.”
Un simpatico scoiattolino, dallo sguardo vagamente allucinato, abbraccia un albero, beandosi alla sua ombra ne rosicchia le pigne, lo scala, finché il pensiero che il suo albero possa essere reclamato da qualcun altro, le sue pigne, la sua ombra godute da altri, lo turba irrimediabilmente. Il pensiero di quella tranquillità spezzata lo angoscia e lo tormenta, spingendolo ad escogitare possibili soluzioni per evitare la tragedia, l’invasione, l’altro, la condivisione. Così il pacifico scoiattolo si trasforma in una sorta di Willy il coyote, che inventaria soluzioni sempre più drastiche per proteggere la sua libertà, la sua proprietà: palizzate, cancelli nel nulla o, ancor meglio, un muro. Un muro lunghissimo, altissimo, invalicabile, che finisca solo quando incontra un altro muro. Un muro per proteggere il suo albero e le sue pigne. Ma dopo aver eretto l’immane opera? Lo scoiattolo si rallegrerà, infine, della sua ombra? O sarà naturalmente spinto a chiedersi cosa si trova al di là del muro?
Olivier Tallec, illustratore ed autore bretone prolifico e di talento, ci consegna un albo davvero prezioso. Ci aveva già condotti con i suoi libri precedenti – grazie al suo segno onirico, aguzzo e materico assieme, grazie alla sua scrittura asciutta ed ironica – nel mondo dei bambini, nelle loro dinamiche buffe, soluzioni improbabili e sogni supremi, ma qui l’operazione cambia passo. Tallec parte dall’egoismo infantile come base per la sua riflessione, riuscendo ad allargarsi a macchia d’olio e divenendo politico e filosofico assieme, parlando di muri, libertà e desiderio pur senza mai smettere di scrivere per i bambini. Non è un caso che l’elemento da cui tutto parte sia un albero. Simbolo di vita. Come difendiamo la vita, sembra chiedersi e chiederci Tallec? Poche pagine, ficcanti ed acide, fatte di asserzioni, domande, dubbi, sospetti. Tavole dominate dai toni autunnali del giallo e del marrone, con qualche incursione di sfumature, bianchi e blu.
Come ogni volta che mi appresto a scrivere il consiglio di lettura del lunedì, ho letto con attenzione ed ho cercato, poi, un punto di partenza per parlare del libro, e dunque una chiave per smontarlo e rimontarlo, una luce per osservarlo. Ho trascorso tutta la giornata persa e desolata fra tutti i muri del mondo, quelli caduti e quelli che sono ancora in piedi, e la cui costruzione non si arrende. Muri che fanno ombre terribili ed inutili in mezzo ai deserti, che fermano speranze e desideri, che dividono gli uomini. Ho pensato, con denti da scoiattolo, a quale potesse essere un modo valido per raccontare l’orrore annidato nella mente degli uomini che concepiscono e costruiscono muri mastodontici e mostruosi, da stanare in ognuno di noi, quando architettiamo piccoli muretti a secco, ipocriti e meschini: “Questo è il mio albero” di Olivier Tallec è un buonissimo modo.
QUESTO È IL MIO ALBERO di Olivier Tallec, Edizioni Clichy, 2020, pp. 32.
Età di lettura: dai 3 anni in su.
(Maria)