Questa volta voglio raccontarvi di un libro a tema per la Giornata della memoria.

Se avete letto le mie riflessioni di dicembre (potete trovarle qui) vi sarà chiaro che un libro può contenere molti temi intrecciati e che a volte sia necessario lasciare che i ragazzi scoprano, andando in profondità, quanti possano esserci dentro.

A volte però serve un libro sul tema che vogliamo affrontare e le storie sono uno strumento fondamentale per trovare le parole giuste, lo sguardo diverso, la chiave per introdurre o concludere un lavoro.

Ci sono moltissimi libri adatti a parlare con i ragazzi di Giornata della Memoria, ma uno di quelli che amo di più, anche in questo caso un po’ il libro amuleto dell’occasione, è L’albero di Anne di Irene Cohen-Janca con le superbe illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello dell’editore Orecchio acerbo. L’albero di Anne è quello che viene definito un albo illustrato, un testo cioè dove parole e immagini dialogano tra loro e con il lettore. Sia le immagini che il testo contribuiscono costruire la storia in egual misura, inseguendosi, richiamandosi e comunicando con altrettanta forza. Quando si incontrano testi così incisivi sia sul lato visivo che su lato uditivo vuol dire che siamo difronte a un’opera d’arte nel campo dei libri.

L’albero di Anne dal titolo già ci rimanda a Anne Frank, per tutti  un simbolo di ciò che è stato l’abisso della Shoah, ma non solo, anche un’adolescente che dialoga con se stessa e con il suo diario traboccante di vita. Io credo che oggi i ragazzi possano identificarsi in Anne molto di più che qualche anno fa, è una loro coetanea, ma non solo. I ragazzi negli ultimi anni hanno vissuto un confinamento molto lungo in casa, come lei hanno dovuto condividere il loro spazio, a volte ampio, a volte piccolo, come lei hanno vissuto la mancanza di attività esterne (sport, scuola, amicizie), come lei a volte hanno scritto e raccontato in modo toccante e profondo le loro emozioni e i loro pensieri. Il contesto storico e le possibilità di oggi sono diverse ma il disagio è stato in parte simile, Anne è, in questo senso, più vicina che mai a questa generazione.

Così, quasi per uno scherzo del destino, quando decido di leggere e ragionare con i ragazzi sull’Albero di Anne, la mia classe è in dad. Tanti quadratini su uno schermo, voci che si sentono a tratti, domande nei loro occhi curiosi e tristi allo stesso tempo. Decido di lavorare sulla loro memoria, memoria dell’infanzia delle esperienze passate, ne escono fuori esperienze felici, buffe, divertenti, imbarazzi, sorrisi, qualche brutto ricordo, paure.

Poi chiedo cosa vedano dalla loro finestra, qualcuno, anche se siamo in città, vede gli alberi, ecco da lì prende il via la storia. L’albero di Anne è raccontato in prima persona proprio da un enorme ippocastano come fosse uno spettatore silenzioso e insieme inerme di questa enorme tragedia chiamata Shoah. Un albero con il tronco pieno di parassiti che sta per morire e vuole raccontare ciò che ha visto molti anni prima in via Prinsenngracht 263. La stessa Anne può vedere l’albero dal suo rifugio e ne scrive sul suo diario. L’ ippocastano le ricorda lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni proprio lì dove il tempo sembra essersi fermato, dentro la soffitta di una casa ad Amsterdam in piena seconda guerra mondiale. L’albero racconta delle famiglie in fuga e di come si concluderà la vita terrena di Anne. Corrono in parallelo, nel libro, la vita di Anne e quella del vecchio ippocastano che sta per morire. Alla fine però il nostro albero narratore sembra dirci che la storia non termina con la sua vita terrena e con quella di Anne, ma cammina sulle nostre gambe, tocca a noi adesso continuarla. La memoria del singolo si immerge nel mare  della storia di tutti noi.

Il testimone passa a noi  e le immagini raccontano con una forza incredibile le emozioni che ci attraversano mentre leggiamo, i ragazzi scelgono le tavole più significative per le loro riflessioni.

Il libro non si chiude con l’ultima pagina, ma diventa moltiplicatore di racconti familiari.

“Mi ricorda mia nonna che mi ha raccontato che doveva scappare dai nazisti perché aveva un cognome ebraico, pur non essendolo”.

Oppure di esperienze personali : “Tristemente la storia di Anne Frank si ricollega un po’ anche alla mia vita. Io sono mussulmana e in Cina ci sono campi di concentramento per sole persone mussulmane…”

Le parole che il testo ci suggerisce diventano parole chiavi per costruire piccole poesie illustrate in caviardage:

“Imprigionate dall’ignoranza altrui le persone sono costrette a partecipare alla distruzione della loro speranza”.

Un  libro così consente di “stare dentro la storia” , di richiamare le proprie esperienze e impressioni, ma anche di comprendere profondamente il senso di una Giornata della Memoria.

Giulia